di Mirko Confaloniera
Musica dal vivo e solidarietà. Un connubio che nel tempo pare aver perso quella carica sociale che forse aveva in passato, ma che torna invece pieno di energia per un appuntamento importantissimo, che avrà luogo sabato 24 maggio presso l’Auditorium “Baratta” di Voghera (via Don Milani, 21). “Rock the Spectrum”, ovvero un concerto di beneficenza in occasione della giornata per la Consapevolezza sull’Autismo. Tra le tante iniziative della giornata suoneranno dal vivo i “Marylin Marion”, band oltrepadana che dal 2001 propone rock’n’roll, rockabilly e sonorità anni ‘50. All’evento in diretta ci sarà la partecipazione di alcuni musicisti dell’ “Orchestra Invisibile”, che fanno parte della Fondazione “Genitori per l’Autismo” di Cascina Rossago RSD di Ponte Nizza. Durante la mattina sarà possibile visitare la mostra itinerante di quadri “Itiner-Aut”, la mostra fotografica di Ricky Pravettoni e un’esposizione di ceramiche e di lavori a mano preparati da ragazzi autistici.
Fabrizio, chitarrista dei “Marylin Marion”, ci racconta cosa c’è da aspettarsi dalla giornata del 24 maggio. “L’iniziativa è nata dal comprensorio dell’Istituto Baratta, che comprende l’ITIS, il Maragliano e il Baratta. Con il Preside e le associazioni di genitori di bambini autistici si è deciso di provare a sensibilizzare l’aumento dei casi registrati e di portare all’attenzione di tutti l’esistenza dell’autismo. E’ stata scelta la nostra band per la parte musicale e noi ci esibiremo davanti ai bambini autistici, ai genitori, ai ragazzi dell’istituto Baratta, ma l’evento, ovviamente, è aperto a tutti e speriamo che ci sia molta partecipazione anche dall’esterno. Con noi ci saranno due membri dell’Orchestra Invisibile: è un gruppo di ragazzi autistici, che suonano anche con maestri di musica del Vittadini di Pavia. Questi ragazzi eseguiranno un paio di brani con noi soprattutto all’insegna dell’inclusione e della condivisione. Poi ci sarà la Fondazione Genitori per l’Autismo di Cascina Rossago RSD, che è capitanata da Marta Carena, e altre associazioni come Controvento, Oltre il Blu, ecc.”
Iniziativa davvero molto nobile. In questo periodo storico, dove purtroppo i giovani sono più attaccati ai social, ai cellulari, alla musica “trap”, ecc., pensi ancora che la musica dal vivo (come la interpretate voi, in stile vecchia maniera) riesca a promuovere eventi sociali come questo? “Penso di sì. Una volta nove ragazzi su dieci sognavano di avere una chitarra in mano, a mo’ di spada Excalibur. Oggi forse su cento ragazzi ce ne sono solo due che sognano ancora questo, e noi cerchiamo di colpire quei due su cento. Anche se i genitori moderni hanno una predisposizione a far conoscere una musica vecchia ai propri figli, bisogna vedere questi ultimi che gusti musicali seguiranno. Io ascoltavo i dischi dei miei genitori dei vari Morandi e Celentano, ma poi un giorno mi è capitato in mano Elvis Presley e da allora in me è cambiato tutto. Anche i film hanno aiutato: guardando per esempio ‘Ritorno al Futuro’, le scene dove improvvisano una canzone di Chuck Berry hanno scatenato in me la ricerca di chi fosse questo cantante, ecc.. Forse una volta c’era anche il gusto della difficoltà nel trovare le informazioni, mentre ora è tutto più fruibile e dispersivo”.
Ormai ai concerti ‘live’ partecipano mediamente solo persone dai 40-45 anni in su: la musica dal vivo è mancata del ricambio generazionale delle nuove leve, che non sono più attratti da questo genere di eventi. Come mai? “Io cerco di ascoltare anche altri di quei generi che possono piacere a me, che vanno dal rock’n’roll al blues, al rock americano. A me piace andare a sentire, per esempio, anche il metal, il punk o il cantaurato italiano. Non è quindi una questione di genere musicale, manca secondo me proprio la cultura del farlo. I giovani non escono più, tendenzialmente fanno feste in casa, si portano dietro cibo industriale, guardano Netflix, passano il loro tempo sociale in maniera ristretta; a differenza nostra, che avevamo voglia di evadere da casa, perché magari ci sentivamo un po’ oppressi dalla convivenza con i genitori, e avevamo voglia di trovarci in piazza, al bar, a far festa”.
Perché una volta c’era questa voglia di uscire e di andare nei posti dove c’era musica dal vivo? (e oggi non c’è più?). Eppure un tempo non c’erano i cellulari che ti aggiornavano costantemente sugli eventi in zona, ma esisteva solo il passaparola: è stato il “troppo” che ha rovinato la musica dal vivo? “Sì, non c’è più l’effetto sorpresa, la curiosità. Io compravo un disco, che era un investimento per le ristrettezze economiche di un adolescente dell’epoca, e quelle 10-15 canzoni dell’album le consumavo, leggevo e rileggevo il libretto allegato, sognavo di immedesimarmi in quello che ascoltavo e di uscire dal mio piccolo mondo. Oggi con i cellulari hai le discografie di tutti a portata di click, ascolti una canzone per un secondo e poi cambi, ti stufi subito, quindi secondo me è anche una sindrome dell’attenzione che è venuta generalmente a mancare. Cominciando a suonare la chitarra, un po’ studiando e un po’ autodidatta, prendevo le vecchie musicassette a nastro, li fermavo, li riavvolgevo, li riascoltavo ancora: cercavo, insomma, di capire cosa facesse il chitarrista e cercavo di eseguirlo. Oggi con YouTube chiunque si può laureare e diventare uno scienziato della musica. Abbiamo tutto, però probabilmente questo tutto è come quando provi a cercare un film on line: la prima ora la perdi a scegliere il titolo, mentre una volta c’era solo questo o quello, e te li dovevi guardare per forza”.
Il futuro potrebbe essere, allora, ancora peggio: con l’Intelligenza Artificiale c’è già chi riesce, stando comodamente seduto in casa, a fare musica, semplicemente programmando un software. Non ci sarà più lo sbattimento e l’impegno di imparare a suonare la chitarra, il basso o la batteria: la musica del futuro nascerà da I.A. e non più da menti umane? “Ho provato a scaricare una App per provare e le ho dato in pasto alcune informazioni che poi l’algoritmo le ha elaborate: ho chiesto, per esempio, un brano swing che parli dell’America, che parli di un amore infranto di una coppia, che sia un po’ lento, un po’ ballabile, ecc… Alla fine mi ha tirato fuori una canzone fatta e finita, e pure con un testo credibile, seppur creato da un macchinario. Tuttavia questa nuova prospettiva sarà priva di quelle storie che noi vivevamo, perché le canzoni sono sempre qualcosa che qualcuno ha vissuto realmente, e in futuro questo aspetto mancherà sempre di più. Anche l’aspetto grafico sta cambiando: una volta le locandine dei concerti si facevano tutte a mano e c’era sicuramente una creatività che già oggi manca”.
Torniamo sull’evento del 24 maggio: perché le persone dovrebbero partecipare a “Rock the Spectrum”, oltre all’aspetto sociale della giornata? “Quello è l’evento focale. Io ho un’amica che ha scoperto da poco di avere il figlio adolescente autistico ad alto funzionamento: non ha particolari problemi di inserimento sociale, ma comunque ha il suo mondo e la sua bolla, e per lei è stato un dramma. Purtroppo l’autismo può colpire tutti e bisogna capire come prevenire la discriminazione e integrare queste persone, perché alla fine sono persone normalissime, solo che hanno un modo di concepire le emozioni in maniera diversa dalla nostra. Il concerto non riguarderà tanto noi che suoniamo, bensì la parte che verrà condivisa con i due ragazzi dell’Orchestra Invisibile: al di là della curiosità in sé, farà capire a tutti che chi ha questa sindrome si esprime più liberamente proprio con l’ausilio della musica”.

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